L’affido condiviso
Il 16 marzo 2006 è entrata in vigore in Italia la legge n. 54/’06, che ha dato corpo alla più importante riforma del diritto di famiglia degli ultimi 30 anni.
Con essa, sulla spinta dei più avanzati modelli culturali, il legislatore, preso atto della sempre maggiore incidenza della separazione tra coniugi nel tessuto sociale, ha finalmente concepito una disciplina molto più capillare ed equilibrata che in passato, con lo scopo di normalizzare, quanto più possibile, ed in modo equo e conservativo degli affetti famigliari, la vita delle persone (genitori e figli) coinvolte dalla separazione.
Con la nuova legge, l’affidamento condiviso dei figli diventa la regola assolutamente prevalente, rappresenta l’obiettivo affinchè alla disgregazione della coppia non consegua, per il figlio, la perdita del genitore.
Viene sancito il principio (vero e proprio diritto per i figli) della bigenitorialità.
La prassi precedente dell’affido monogenitoriale, con il genitore non affidatario (solitamente il padre) che soggiaceva alle prescrizioni impartite dell’altro genitore per tutto quanto concerneva la quotidianità nei rapporti con la prole, prestava il fianco ad abusi da parte del coniuge affidatario nei casi in cui la conflittualità post separazione rimanesse elevata. L’inevitabile conseguenza era costituita dal progressivo deterioramento del rapporto che legava il minore con l’altro genitore “non scelto”, fino a determinare la vera e propria perdita di una delle due figure genitoriali.
Si osservava con notevole frequenza che il genitore affidatario trasmettesse ai figli (talvolta anche inconsapevolmente) la propria ostilità nei confronti del coniuge, rendendo più difficile l’esercizio della facoltà di visita ed ogni altro rapporto; succedeva nei casi più conflittuali che il genitore non affidatario finisse per subire un distacco dai figli superiore a quanto previsto dal provvedimento del giudice, fino a convincersi di ridurre od azzerare i contatti con essi onde evitare a sè, ed agli stessi, la permanenza di una situazione di grave disagio.
L’odierno principio della bigenitorialità (rafforzato dalle sanzioni previste a carico del genitore che vi pone ostacolo), ci dice che – sopra ogni cosa – deve essere rispettato il preminente interesse del figlio a mantenere rapporti stabili, pieni e continuativi con entrambi i genitori.
Non solo: i minori hanno altresì diritto di conservare rapporti significativi con i nonni ed i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Ecco le conseguenze pratiche di maggior rilievo della nuova disciplina:
- ogni genitore, nei periodi di affido, ha pieno potere (e dovere) educativo sui figli e (salve le decisioni di maggiore rilevanza, ad es. la scelta dell’istituto scolastico, che vanno prese di comune accordo) potrà trasmettere agli stessi i propri principi, anche se non strettamente conformati a quelli dell’altro genitore. E’ un valore ed un arricchimento per il figlio poter accrescere il proprio bagaglio educativo con le esperienze di entrambi i genitori
- pur nella previsione di tempi di affido all’uno ed all’altro genitore (prassi tuttora adottata nella prevalenza dei casi dai Tribunali) deve essere consentito il libero accesso (in termini di reperibilità, facoltà di visita, ecc.) nei rapporti genitori/figli, anche al di fuori dei periodi di affido
- la previsione di un contributo al mantenimento da parte del coniuge economicamente più forte viene moderato in considerazione del tempo di permanenza della prole presso ciascuno dei genitori, durante il quale ciascuno di essi dovrà provvedere a quanto necessario (vitto, vestiario) per la vita quotidiana dei figli
- viene comunque prevista una residenza prevalente (c.d. “collocamento”) dei figli, preferibilmente presso l’abitazione già famigliare
- l’affidamento monogenitoriale è ipotesi del tutto residuale, che può essere disposta solo in casi estremi in cui sia dimostrato che la presenza di uno dei due genitori è contraria all’interesse del minore. L’assoluta rarità di questa ipotesi (ad es. genitore che delinque, genitore tossicodipendente comprovatamente inidoneo alla genitorialità, ecc.) è confermata dalla previsione dalla condanna – oltre che alla rifusione delle spese di lite – anche al risarcimento dei danni che abbiano ad essere patiti dall’altro coniuge, a carico di chi abbia richiesto in giudizio l’affido monogenitoriale quando non vi fossero i presupposti.
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